Contenuti, editoria, giornalismo, scrittura.

Perché pagano tutti così poco? Quanta dignità bisogna ancora togliere a chi cerca di fare questi lavori perché quelli che mandano avanti le imprese possano dirsi soddisfatti? Qual è l’obiettivo finale?

Perché non c’è praticamente mai margine di contrattazione sul compenso? E perché, quando c’è, si parte da cifre che dovrebbero farci alzare dal tavolo senza nemmeno prenderci la briga di salutare educatamente?

E perché siamo costretti a mettere insieme tre, quattro, cinque lavori mal pagati per portarci a casa uno stipendio minimo, a farli necessariamente peggio di quanto vorremmo, invece di prenderne meno e curarli di più? Perché dobbiamo prendere su di tutto e dire no è diventato un lusso riservato a pochi?

Esiste un’indagine completa, chiara ed esaustiva di questi settori, che possa dirci il numero di persone che ci lavorano, il fatturato delle aziende, i compensi, le tipologie (e le assenze) di contratti? Se non c’è si può realizzare? Altrimenti come facciamo a capire che margine c’è, dove è possibile migliorare, come si possa pensare un quadro normativo di riferimento? Oppure continuiamo ad andare avanti in un mercato completamente senza regole che spinge sempre più al ribasso, perché tanto c’è qualcuno che pur di lavorare si adatta a prendere sempre meno?

E’ anacronistico parlare di tutele? Di compensi minimi per le prestazioni lavorative? Di strumenti per tutelare chi lavora dall’arbitrio di chi dà lavoro (compensi da fame, pagamenti ritardati, pagamenti che non arrivano affatto anche dopo anni, solo per fare qualche esempio)? Di riformare un sistema contributivo che in questo paese uccide i freelance (e spinge al nero, per chi può farlo)?

Si può dire che il lavoro a tempo indeterminato non può più essere il paradigma di riferimento (ma non come intenderebbe questa frase Confindustria o, peggio ancora, Marchionne)? Si può dire che il sindacato non lo ha capito e continua a non capirlo e che o cambia o può anche chiudere? E possiamo dire che l’isolamento che scontiamo ogni giorno davanti ai nostri computer per lavorare in queste condizioni – isolamento che si è fatto abitudine al sapore di sconfitta – non è l’orizzonte in cui vogliamo vivere i prossimi anni, perché anche le piccole soddisfazioni che riusciamo a portarci a casa ormai non ci bastano più?

Perché così non si va più avanti.